Fabrizia Buzio Negri – 1978

Quale epoca, al pari della nostra, ha un numero così grande di fili conduttori spesso in contraddizione, addirittura in contrasto violento fra loro ? Bolzoni segue la via più difficile, quella della ricerca personale non storicizzata dalla cronaca, una sorta di lettura, sua propria, dei miti e delle leggende dell’Uomo, in cui compaiono elementi che risalgono l’insondabile pozzo dell’animo, della spiritualità. Egli è in presa diretta con situazioni d’una realtà, i cui temi vengono rielaborati e filtrati nella mente, messi sulla tela con le emozioni, che il loro affiorare alla memoria comporta, con la stessa fragilità d’un pensiero che balena e subito naufraga nell’onda della quotidianità. Bolzoni riesce a fermare questo attimo in una luce da acquario, dove i toni verde-azzurri prevalgono e recitano ad una voce una dolcissima e serrata argomentazione. L’artista si approfondì sempre più nell’enigma , ha perso, come la profondità marina, tutti i toni violenti, i colori infuocati nella discesa in un mondo in cui la realtà è presente, ma attutita della reminiscenza.

La sua stessa tecnica pittorica è significativa, vergata com’è a incisione con il pennello su di una massa di colore che si rivela morbidamente duttile proprio per seguire il corso delle emozioni dell’anima e della mente. Compaiono figure di donne, animali, squarci di paesaggi vissuti o solo pensati, in un trasparente contatto, in una decompressione che li fa lievitare ed aggrapparsi fra loro in vibrati di alto e musicale pathos.

Fabrizia Buzio Negri
da “La Prealpina” – 3 Agosto 1978